Le dune di sabbia marina qui a est della città di Tottori nella prefettura di Cyugoku Chiho, hanno ben poco a che vedere con il resto del Giappone generalmente conosciuto per la moderna Tokyo o per la Kyoto dei templi antichi e dei giardini zen. Il paese è composto da quattro isole principali, dal nord freddo della Siberia e a sud a pochi centinaia di chilometri della costa Taiwanse con il suo caldo umido. La città di Tottori a metà del paese affaccia tutta sul Nihon Kai (mare del Giappone) in direzione della Korea e della Cina fin su alla Russia. La roccia della montagna Chugoku invecchiata e stata portata qui attraverso le acque del fiume Chiyo per centinaia di anni, il tempo e il vento ne hanno scolpito le forme. La duna chiamate Tottori Sakyu e forse uno dei luoghi piu caratteristico del paese. Fino agli anni sessanta erano cinque le grosse dune composte di sabbia gialla finissima poi due di queste furono spianate e trasformate in spiaggia e le rimanenti tre trasformate in parco protetto. La parte più alta delle dune arriva fino a 90 metri di altezza dalla riva del mare. Arrivare fin su è una sensazione molto piacevole, ci si lascia trasportare dal desiderio di vedere il mare oltre le dune e lo si vede solo arrivati su in cima e poi giu a strapiombo verso la spiaggia e le onde, si ha voglia di lasciarsi andare in una corsa senza sosta.
Il fotografo Shoji Ueda nato a Sakaiminato vicino Tottori nel 1913 e morto nel 2001, dagli anni quaranta in poi ne ha fatto il suo studio fotografico a cielo aperto.. E non poteva scegliere posto migliore, se e vero che i luoghi in cui si vive sono parte essenziale di noi del nostro modo di vivere di lavorare di vedere e di percepire la realtà, chi non ha mai notato i benefici sulle facce delle persone di un paesaggio naturale nudo aperto sull’orizzonte? Su queste dune ha ritratto gente del luogo, still life e seguenze metafisiche, realizato servizi di moda anticipando di molti anni quella che poi sarebbe diventata la foto di moda.
Nel 1995 fu incaricato l’arch. Shin Takamatsu con fondi privati e dello stato a progettare un museo per le opere di Shoji Ueda. Lo stesso Shoji Ueda prese parte al progetto. Al museo ci si arriva a piedi in 30 minuti dalla piccola e deserta stazione di Kishimoto o con uno dei due taxi ancora in servizio e guidati da vecchietti ormai in pensione e che su richiesta continua del capostazione continuano a prestare servizio. Il museo è deserto come deserto e tuttto intorno, immense distese di campi di riso e una veduta su un paesaggio che ti ricorda quanto distante sei da ogni cosa. Dall’interno del museo tre le sale espositive per ricordare il suo lavoro, una sala trasformata in camera obsura con un foro stenopeico che ripropone la veduta della montagna capovolta sul muro, ogni angolo del museo a vedute sull’esterno in particolare quella centrale, dritta e simmetrica guarda sul monte Daisen, montagna sacra cosi cara al popolo giapponese perché culla della religione Shintoista, e la cui foresta nasconde molti dei piu bei templi shintoisti (Jinnjya) del pese. Guardando le sue foto il desiderio di far visite alle dune e irrefrenabile come e irrefrenabile il desiderio di avvicinarsi alla gente di questi luoghi. Forse il grande merito di Shoji Ueda nella tradizione dei grandi fotografi e di aver desiderato di conservare un mondo che ai suoi occhi era meraviglioso ma indifferente ai suoi contemporanei.