AKIBA TOKYO 2.0

AKIBA | TOKYO 2.0

In Giappone, l’ottimismo generato dal continuo progresso tecnolgoico si esaurisce  con gli anni 70. Verso la metà degli anni 80 viene coniato il termine otaku per indicare una nuova personalità che emerge in reazione alla perdita di “futuro”. Il termine evoca un’immagine stereotipata di un nerd, un po’ imbranato, appassionato di computer, e stregato dalla passione per videogiochi e manga a cui rimane legato anche molto oltre la propria adolescenza. Gli otaku erano, per natura, ragazzi ambiziosi colpiti dalla perdita di fede nella scienza e nella tecnologia. Tale perdita del “futuro” ha avuto un’enorme influenza anche per Akihabara, un’area commerciale poco a nord della stazione di Tokyo, comunemente nota per l’incredibile concentrazione di negozi d’elettronica e quindi ribattezzata “The Electric City”: La Città Elettrica. Con la perdita del fascino futuristico degli elettrodomestici (trend postbellico di origine americana), il mercato si è quindi disperso in piccoli negozi di periferia.

Negli anni 80 i negozi in Akihabara, per lo stesso motivo, sono stati obbligati a specializzarsi in personal computer… e proprio in quest’occasione è iniziato il processo di fusione fra cultura otaku e il quartiere di Akihabara. Una delle caratteristiche che rende unici gli otaku nell’univero nerd è la loro caratteristica di ribaltare i processi di consumo: cresciuti immersi nella televisione, nei videogiochi e nei nuovi media, da semplici consumatori, gli otaku sono diventati produttori e costruttori del proprio mondo virtuale che diventa (quasi)reale in Akihabara… questa zona grigia fra reale e immaginario, è stata registrata in modo unico dalla fotografa giapponese Julie che, nella raccolta dei suoi fotomontaggi “Samurai Girl”, ci racconta di questo mondo come in una versione post moderna di Alice nel Paese delle meraviglie… ovviamente si tratta di un’alice “sensualizzata” distante anni luce dall’originale o dalla versione sterilizzata di Walt Disney.

L’architetto giapponese Morikawa considera centrale la sensualizzazione di Alice da parte della cultura otaku (una delle piu’ note case produttrici di videogiochi erotici giapponesi si chiama Alice Soft) per comprendere il processo di riscatto che ha portato questa avanguardia culturale a contrastare lo strapotere avuto dalla cultura  americana dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Questa influenza, molto visibile a Shibuya (una delle zone piu’ trendy di Tokyo), è stata talmente forte che un quartiere di Osaka è stato ribattezzato “America Mura” (villaggio Americano). Morikawa scrive: “L’esodo da queste aree verso Akihabara è paragonabile alla formazione di enclave etniche come Chinatown o Little Italy, con la differenza che otaku è una tendenza nella personalità e nei gusti, non correlata ad una razza, un’etnia o a una classe sociale. In definitiva, ad Akihabara ha preso forma urbana una “comunità di interessi”: una sorta di fenomeno profetico in cui la città simula il cyberspazio; opposizione alla nozione convenzionale di cyberspazio che simula la città. Gusti e personalità sono diventati in pratica, un fenomeno geografico.” Un po’ come se  la passione degli otaku (e l’industria miliardaria che ne deriva) avesse fatto passare un quartiere di Second Life dal mondo virtuale al mondo fisico…