L’aspetto ci riporta ad una sorta di spaghetti a sezione quadrata ed il colore ai nostri “pizzoccheri alla valtellinese”, ma siamo in Giappone, e stiamo parlando di soba. Della soba si apprezza il KAORI (profumo), il KOSHI ( significa anca, infatti la pasta deve avere la consistenza giusta come le anche per sorreggere la struttura di un uomo) e il NODOGOSHI (una sorta di retrogusto di aromi percepibili durante il passaggio della pasta nella gola). No, signori, non stiamo parlando di vino, ma vi assicuro che la degustazione della soba non ha niente da invidiare a quella di un buon Barolo o di un Chianti. Prima di mangiare la soba, bisognerebbe avvicinare la pasta al naso, scoprirne le delicate fragranze del grano saraceno e della farina per l’impasto. La soba deve avere la giusta consistenza (KOSHI), un po’ come gli spaghetti “al dente”, quindi l’impasto deve avere una buona resistenza all’acqua, altrimenti si sfalderebbe subito.
Ma non e’ finita, infatti, come ci consiglia un estimatore di “soba”, tal Sig. Tanaka, o meglio Tanaka-san, la soba non deve essere gustata in bocca, ma in gola. I giapponesi infatti, “aspirano” questa prelibatezza, deglutendola direttamente e rigorosamente senza masticarla. Loro lo fanno con naturalezza e producendo un suono che da noi sarebbe considerato “poco educato”, ma che in realtà e’ la tecnica corretta per assaporare il vero gusto della soba nella gola. Il brodo in cui va intinta la soba prima di “aspirarla” e’ a base di salsa di soia e estratto di alghe e pesce. Nel brodo andranno disciolte oltre ad un trito di porri sminuzzati finemente, anche un po’ di WASABI, che in terra italica si chiama trito di rafano. La soba puo’ anche essere gustata calda, servita all’interno di una zuppa a base di alghe, carne o con della tempura (frittura), ma ancora una volta l’esperto ci ricorda che per capirne il vero gusto e’ preferibile la degustazione a ” freddo”. Sebbene alcuni ristoranti usino, per preparare la pasta, solo farina di grano saraceno, nella maggior parte dei casi, questa viene ottenuta miscelando sapientemente farina 00 con quella di grano saraceno appunto. L’impasto viene amalgamato con forza aggiungendo acqua.
Molti artigiani della soba, capiscono toccando l’impasto, la quantità di acqua che va aggiunta, quantità che varia a seconda dell’umidità e della temperatura dell’ambiente in cui viene prodotta. La farina di grano saraceno non ama l’acqua, per cui tutto il lavoro di impasto deve essere svolto molto velocemente. Dopo l’impasto, la soba verra’ tagliata prima e quindi bollita per qualche minuto per poi essere buttata nell’acqua fredda per ottenere una sorta di “restringimento” nella struttura.A questo punto la soba e’ pronta per essere gustata, ma sempre abbastanza in fretta, poiche’ questa pasta assorbe l’acqua molto velocemente ed e’ facile che diventi troppo soffice per i “severissimi” palati giapponesi. Ricca di vitamine B1 e B2, la soba e’ facile da digerire e puo’ essere considerato una sorta di antico “fast food” nipponico, essa infatti e’ spesso consumata fuori pasto, ad orari strani, per “calmare” quegli appetiti improvvisi che gli italiani soddisfano con ben piu’ calorici spuntini.
Nata nel 17esimo secolo, la soba vanta oggi ben 33,712 ristoranti soba shop in tutto il Giappone, ogniuno con la sua miscela di farine, con la sua “durezza” e con la sua zuppa dove intengerla, ognuno rigorosamente differente dall’altro, ognuno con i suoi “piccoli segreti” e le sue tradizioni da proteggere.
Ho visitato il ristorante di soba più famoso in Giappone: YABU SOBA. Edificato una prima volta nel 1880 e ricostruito dopo essere stato distrutto nel terremoto del 1923, YABU SOBA e’ uno dei ristoranti di soba più antichi ed usa una sua miscela di farine originale. Essa e’ composta dal 90% di farina di grano saraceno e 10 % di farina tipo 00, ma il tocco “segreto” e’ l’aggiunta all’impasto di uova, come collante. Nella piccola cucina climatizzata, con temperatura rigorosamente a 18 gradi dello YABU SOBA, si producono ogni giorno porzioni di soba per 1,000 piatti che verranno consumati per il 70% nella versione servita “fredda”.
Chi credeva che la cucina giapponese fosse fatta solo di SUSHI e TEMPURA dovra’ ricredersi, i giapponesi come gli italiani sono grandi mangiatori di pasta.